Nella metà degli anni ‘70 in Italia vi fu la svolta della distribuzione degli Anime.
Il 13 gennaio 1976, Rete 2 o come è chiamata oggi RAI 2 trasmise per la prima volta i “Barbapapà”, la cui prima serie animata era stata realizzata da una coproduzione tra lo Studio Topcraf (aiutò nella produzione di ”Nausicaä”) e uno studio olandese. Successivamente ai “Barbapapà” nel 1977 fu anche trasmesso “Vicky il Vichingo” seguito nel 1978 da “Heidi” e “Atlas UFO Robot” e questo rese l’Italia uno dei primi paesi occidentali a importare questo genere di prodotti.
L’industria d’animazione nipponica è sempre cresciuta soprattutto quando negli anni ‘90 crearono i Pokémon, One Piece e Sailor Moon.
In quegli anni i ragazzi erano incantati dal motto di “catch ’em all” dei Pokémon o dal “Diventerò il Re dei Pirati” urlato da Monkey D. Luffy di One Piece.
Per rendersi conto della crescita della produzione di Anime si prenda in considerazione il periodo temporale tra il 2002 e il 2017, l’industria d’animazione giapponese è cresciuta raddoppiando e raggiungendo il valore ¥ 2.100.000.000.000,00 (2.100 Miliardi di Yen Giapponesi) o di € 16.000.000.000 (16 Miliardi di euro) annui.
Ma non è tutto oro ciò che luccica, l’oscuro mondo degli Studi di Animazione in Giappone inizia da adesso poiché nonostante gli enormi volumi di denaro generati, dietro a quella facciata si nasconde una area di lavoro tutt’altro che ricca: molti degli animatori dietro agli anime che guardiamo quotidianamente sono al verde e le condizioni lavorative che affrontano sono così estenuanti che possono portare all’esaurimento nervoso dovuto al forte stress fino ad alcuni casi di suicidio.
Il Lavoro degli Schiavi dell’Animazione
L’oscuro mondo degli studi di animazione continua dato che la quasi totalità degli anime è disegnata a mano e sono richieste grandi abilità ed esperienza di animazione a mano per svolgere il lavoro velocemente e bene.
Shingo Adachi, animatore e character designer di Sword Art Online, anime molto popolare, riferisce che la scarsità di animatori è un serio problema dato che ogni anno quasi 200 serie anime vengono create e non vi sono sufficienti animatori qualificati e con maestria quindi i vari studi si avvalgono dell’enorme bacino di animatori freelance appassionati di anime e quasi non pagati per svolgere il compito.
Nella prima parte ci sono gli animatori di mezzo (in-between) che si occupano di realizzare tutte le singole scene dopo che i direttori di alto livello hanno elaborato gli storyboard e dopo che gli animatori più esperti hanno disegnato i frame più importanti in ogni scena.
Gli animatori e disegnatori freelance percepiscono sui ¥200 (circa €1,60) per disegno. La cifra non sarebbe male se riuscissero a produrne circa 200 disegni al giorno, invece alcune scene richiedono ore anche per un singolo disegno.
Contrariamente ai prodotti di animazione occidentali, quelli giapponesi sono molto attenti ai dettagli delle scene come nelle vivande, paesaggi di sfondo o centri abitati e questo richiede un tempo quattro o cinque volte superiore rispetto alla media.
Anche se si salisse di livello e diventare uno degli animatori di scene importanti non si guadagna molto e anche quando se si lavora a un gran titolo come “Attack on Titan” non si ottengono dei miglioramenti, il problema è proprio radicato nella struttura dell’industria anime.
Le condizioni di lavoro sono orribili e un animatore americano che lavora in Giappone ha raccontato di essere stato ricoverato in ospedale varie volte per sfinimento sul lavoro ad una intervista su Buzzfeed.
Lo Studio Madhouse è stato anche accusato della violazione del Codice del Lavoro ponendo i suoi lavoratori a un carico di lavoro mensile che li ha costretti a 400 ore lavorative mensili e 37 giorni di seguito senza giorni di pausa.
Nel 2014 un animatore si è suicidato per il troppo lavoro e gli investigatori hanno scoperto che il suo gesto estremo era dovuto alle 600 ore di lavoro in un mese.
Il motivo per il quale gli Studi d’Animazione ricorrono agli animatori freelance è semplice: il non dover preoccuparsi del Codice del Lavoro.
Dato che sono liberi professionisti le aziende possono par rispettare le scadenze date con le enormi moli di lavoro risparmiando molto denaro e non fornendo alcun beneficio al freelancer.
Secondo la JACA o Japanese Animation Creators Association un animatore in Giappone guadagna annualmente in media:
- ¥1.100.000 (circa €8300) quando sono dai 20 ai 30 anni d’età
- ¥2.100.000 (circa €16.000) quando sono dai 30 ai 40 anni d’età
- ¥3.500.000 (circa €26.500) quando superano i 40 anni d’età
La soglia di povertà in Giappone è sui ¥2.200.000 (circa €16.800,00)
Gli animatori cercano di sbarcare il lunario in qualunque modo possibile.
Terumi Nishii, un’animatrice freelance disse che la maggior parte delle sue entrate derivava dall’animazione per i videogiochi perché se si contassero solo le entrate da animatrice da anime non riuscirebbe nemmeno a soddisfare i suoi bisogni primari.
明日のコミティア(に09a)参加しまーす!ウロボロスの冠新刊、コピー本なんで少部数です。中国で先行配信後、日本で無料配信になります。当日コミッションはウロ冠のみ。FANBOXカードお持ちの方にはラフですがスケブします。よろしくお願いします😉 pic.twitter.com/6MuPMvDLXj
— 西位 輝実 NlSHII Terumi (@NishiiTerumi) May 11, 2019
Un altro animatore disse anche che quando era giovane era fortunata ad avere la famiglia che viveva a Tokyo perché altrimenti con il salario che percepiva non sarebbe riuscito a sopravvivere dato che come animatore intermediario (in-between) guadagnava ¥70.000 al mese (circa €530).
Questi problemi risalgono a Osamu Tezuka, il creatore di “Astro Boy”. Tezuka è stato il creatore di un infinto numero di innovazioni e precedenti nei manga, anime e film d’animazione.
All’inizio degli anni ’60 con le reti televisive non ancora pronte a prendersi i rischi di una serie animata, Tezuka ha svenduto massicciamente il suo prodotto per farlo trasmettere.
In pratica stavano andando in perdita per trasmettere “Astro Boy” ma il loro piano per recuperare le perdite era tramite il merchandise e cose simili. Ma la situazione particolare in cui versava Tezuka si è poi trasformata nella consuetudine.
La compagnia di Tezuka riuscì a coprire i costi e lo show divenne un successo, ma inconsapevolmente ha stabilito un problematico precedente: rendere impossibile per quelli che hanno deciso di seguire le sue orme la possibilità di ottenere un salario sufficiente soprattutto se donne poiché guadagnavano ancora meno dei suoi colleghi uomini.
Oggigiorno, quando la direzione di produzione fissano i budget per gli spettacoli hanno un precedente consolidato per mantenere i costi bassi e i ricavi vengono poi divisi tra le reti televisive, la casa editrice del manga e la fabbrica del merchandise.
I prezzi sono così bassi per il precedente creato da Tezuka, ma al suo tempo i disegni erano molto elementari e potevano essere fatti in meno di una decina di minuti, mentre ora i disegni sono super ricchi di dettagli e per una singola immagine ci può volere più di un’ora e quello che si guadagna non è sufficiente al sostentamento.
Tutto ha un prezzo!
La qualità artistica non delude. Nel 2016 il film d’animazione “Your Name” (potete trovare la recensione sempre sul sito) è diventato uno dei più grandi successi al botteghino anime di sempre con spettacolari paesaggi resi in maniera superba in ogni singola scena.
Considerando anche le rappresentazioni del cibo che sono opere d’arte degne che potrebbero far parte di una loro personale classifica e che fanno salire l’acquolina in bocca a ogni spettatore.
Anche nel panorama cittadino i dettagli sono estremi, si può riconoscere ogni singolo palazzo presente nella veduta di Tokyo senza difficoltà.
Storicamente il merchandise genera maggiori profitti rispetto agli anime in TV o al cinema, ma da quando la popolarità degli anime ha raggiunto l’occidente anche la porzione dei ricavi.
Nel 2017 i ricavi degli anime hanno raggiunto quasi la metà del ricavo totale ma la situazione dei salari insufficienti e budget super bassi non è cambiata.
Japanese animation is surprisingly low budget. But the quality is high. That is because they have low wages and work long hours. Even if it is impossible, the budget will not go up.
— NISHII_terumi (@Nishiiterumi1) April 22, 2019
Quando le società occidentali come Netflix entrano nel mercato pagano gli stessi prezzi che da molto tempo sono in consueto uso lasciano gli studi d’animazione con budget estremamente ridotti e raschiare il fondo mentre loro ottengono guadagni belli sostanziosi.
La soluzione purtroppo non è così semplice come per gli animatori che richiedono stipendi più alti.
Un rapporto del 2016 del Teikoku Databank rileva che le entrate sono diminuite del 40% in 10 anni per 230 studi di animazione giapponese.
Per riuscire a risolvere questo problema è necessario un intervento urgente per migliorare la parte economica degli animatori ma anche di tutta l’industria.
Thurlow, fondatore del piccolo studio D’Art Shtajio, ha spiegato che imporre stipendi più alti senza un cambiamento maggiore nella struttura del settore avrebbe causato il fallimento del suo e della maggior parte degli altri studi a causa di vincoli di bilancio stringenti.
L’industria si consoliderebbe in un piccolo gruppo di grandi studi d’animazione che, come Hollywood, produrrebbe contenuti generici adatti al più ampio pubblico possibile con grandi campagne marketing per promuoverlo.
Con gli animatori di basso e medio livello (low – in-between) licenziati dal lavoro, lo spirito creativo e appassionato del mondo Anime sarebbe marcito immediatamente, dopotutto non vi è motivo di diventare animatore tranne il fatto di amare quel lavoro.
Zanoki disse: “è passione, perché non ci sono ritorni dal lavoro. Lo si fa solo per perché ti piace, quando vedi trasmesso l’opera a cui partecipato ti fa sentire al settimo cielo.”
Thurlow ha lasciato tutto per trasferirsi in Giappone per disegnare gli anime che tanto amava. Quello che ha trovato era completamente differente da ciò che animava in America.
L’animatrice Nishii nel 2019 nel suo profilo personale di Twitter scrisse “Non importa quanto ti piacciano gli anime, non è consigliabile venire in Giappone e partecipare al lavoro sugli anime. Perché l’industria dell’animazione di solito è oberata di lavoro”
No matter how much you like anime, it is not advisable to come to Japan and participate in anime work. Because the animation industry is usually overworked😭
— NISHII_terumi (@Nishiiterumi1) April 22, 2019
L’oscuro mondo degli studi di animazione e i relativi dibattiti sui problemi finanziari del mondo dell’animazione nipponico e delle varie sfuriate si trovano spesso su Twitter e si ipotizza una possibile soluzione tramite uno studio intermezzo che fornisca budget al pari di quelli occidentali oppure le royalties ai disegnatori per quello che animano, ma tutto ciò ad oggi sembra una idilliaca follia.
Per contrastare questi bassi budget e stipendi Jun Sugawara ha avviato il progetto di crowdfunding chiamato New Anime Making System Project per cercare di ridurre esaurimenti da stress e alloggi a un prezzo calmierato ad esempio ad animatori che hanno preso parte alla realizzazione di prodotti come Naruto, Shingeki no kyojin e altri anime di alto calibro.
Suguwara ha detto di aver avviato questa raccolta poiché anche lui come grafico ha voluto supportare i suoi colleghi con talenti incredibili a cercare di sbarcare il lunario a fine mese.
Il progetto si sta espandendo con un loro “Anime Grand Prix”, un contest per anime prodotti grazie al Crowdfounding.
Gli animatori per continuare nel loro strabiliante e amato lavoro sopportano un pesantissimo fardello per farci continuare a godere degli spettacoli che animano.